Demansionamento jobs act: che cos’è? Cosa significa per il lavoratore?

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Il mondo del lavoro è un universo in continua evoluzione che si adegua, il più delle volte, a quelle che sono le esigenze del momento. Nel tentativo di tutelare sia le imprese che i lavoratori, si adottano delle misure in grado di trovare il giusto compromesso per pregiudicare sul nascere ogni possibile complicazione. Il demansionamento jobs act innova un aspetto che, fino a qualche tempo fa, prevedeva parecchie limitazioni. Essendo, quindi, un argomento piuttosto vasto, occorre fare il punto della situazione per non lasciare nulla al caso. In questo modo, si avrà un quadro chiaro e preciso dei rapporti lavorativi che regolano l’economia italiana.

Demansionamento jobs act: cos’è?

Stando a quanto afferma il Codice civile, un lavoratore deve svolgere un impiego corrispondete ai parametri alla base della sua assunzione. In alternativa a ciò, può ricoprire una funzione legata ad un quadro professionale superiore a seguito di nuove competenze acquisite sul campo o altro. Pertanto, demansionare un lavoratore non è contemplato, a meno che il contratto collettivo stipulato non preveda diversamente. Oppure, si può andare incontro ad una casistica in cui il lavoratore si ritrova con un’assegnazione di mansioni inferiori relative, però, alla medesima categoria di inquadramento.

Il demansionamento jobs act amplia questa sfera attuando una serie di linee guida molto precise. In virtù di ciò, gli accordi sindacali e i contratti di categoria possono approvare una sorta di retrocessione professionale – con relativa diminuzione dello stipendio – in presenza di alcune situazioni. La prima riguarda l’acquisizione di nuove conoscenze professionali per implementare il profilo del lavoratore di turno; la seconda, invece, interessa i motivi di salute del diretto interessato, il quale non ha più quelle capacità per ricoprire una determinata posizione lavorativa; la terza si lega ad una precisa richiesta del lavoratore per far sì che abbia una migliore distribuzione tra vita professionale e privata; la quarta riguarda, invece, la gravidanza, con la dipendente di turno che viene dirottata verso altre attività in grado di compromettere le sue condizioni psico-fisiche.

Le conseguenze per il lavoratore

Come detto poc’anzi, il demansionamento jobs act implica soprattutto una riduzione degli introiti. Tuttavia, stando a quanto afferma una sentenza della Cassazione, il demansionamento può essere anche una sorta di ancora di salvezza per il lavoratore. Difatti, la legge approva la prassi in tal senso qualora si voglia tutelare il posto di lavoro di un dipendente. Pertanto, al fine di evitare un licenziamento, ci deve essere un accordo tra il datore di lavoro e il lavoratore in questione per dimostrare che il demansionamento è indispensabile affinché il rapporto professionale non si concluda con un licenziamento.

Qualora si verifichi un demansionamento che non rispecchia le condizioni appena elencate, il lavoratore può agire chiamando in causa l’azienda affinché ci sia un reintegro immediato. Se ciò non produce gli effetti sperati, l’impiegato può procedere per vie legali rivolgendosi ad un apposito giudice del lavoro. A quest’ultimo, poi, la valutazione dell’illegittimità dell’operazione. Se l’azienda ha agito senza rispettare le eccezioni previste, si ritroverà costretta a reintegrare il lavoratore all’interno della categoria di inquadramento di appartenenza.