Il divario retributivo di genere, comunemente noto come gender pay gap, rappresenta una delle problematiche più rilevanti e discusse nell’ambito della parità di genere e del diritto del lavoro. Nonostante decenni di progressi normativi e sociali, la disparità salariale tra uomini e donne persiste a livello globale e locale, con implicazioni significative per la giustizia sociale, l’equità economica e la competitività delle imprese.
Questo articolo esplora il concetto di gender pay gap, l’impatto del Covid-19 sulla disparità salariale, la normativa europea e italiana sulla trasparenza retributiva, e le iniziative intraprese per migliorare la situazione. Un’analisi approfondita delle misure legislative, come la direttiva (UE) 2023/970 e il Rapporto Biennale della parità di genere, mette in luce le principali sfide e opportunità per ridurre il divario di genere sul posto di lavoro. Ci aiuterà in questa panoramica Gruppo Res specializzata in consulenza per la parità di genere.
Che cos’è il gender pay gap
Il gender pay gap indica la differenza salariale tra uomini e donne a parità di mansione, competenze e responsabilità. Le statistiche mostrano che, a livello globale, le donne guadagnano in media meno degli uomini. In Italia, secondo alcune fonti, le donne percepiscono circa il 12% in meno degli uomini, una cifra che si avvicina alla media europea.
Questa disparità retributiva non è il risultato di un singolo fattore, ma piuttosto di una complessa interazione di elementi economici, sociali e culturali. Tra questi vi sono la segregazione occupazionale (ovvero la concentrazione delle donne in settori meno remunerati), la difficoltà di conciliazione tra vita professionale e familiare, e la mancanza di accesso alle posizioni apicali.
A complicare ulteriormente la questione è la gender pay gap adjusted, ossia la disparità retributiva che rimane anche dopo aver controllato per variabili come l’istruzione, l’età e l’esperienza lavorativa. Questo dimostra come il problema sia spesso radicato in pregiudizi inconsci e in politiche aziendali che favoriscono sistematicamente gli uomini.
Il gender pay gap dopo il Covid
La pandemia di Covid-19 ha avuto un impatto devastante sull’economia globale, con ripercussioni significative sulle dinamiche occupazionali di uomini e donne. Secondo un rapporto del 2020 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), sembrerebbe che le donne siano più vulnerabili alla perdita del lavoro e abbiano subito una riduzione maggiore delle ore di lavoro rispetto agli uomini. Questo ha ulteriormente aggravato il gender pay gap, in quanto le donne, spesso occupate in settori maggiormente colpiti dalla crisi, come il commercio e i servizi, hanno affrontato un calo più drastico dei redditi.
Inoltre, la pandemia ha accentuato il carico di lavoro non retribuito legato alla cura dei figli e alla gestione della casa, responsabilità che ancora oggi ricade in misura sproporzionata sulle donne. Di conseguenza, molte lavoratrici hanno dovuto ridurre le ore di lavoro o abbandonare del tutto il mercato del lavoro, aggravando il divario salariale e allontanando ulteriormente la parità retributiva di genere.
Cosa dice la direttiva (UE) 2023/970: la necessità di trasparenza retributiva
Nel 2023 l’Unione Europea ha approvato la direttiva (UE) 2023/970, che introduce misure vincolanti per promuovere la trasparenza retributiva come strumento chiave per combattere il gender pay gap. La direttiva stabilisce che tutte le aziende con più di 100 dipendenti devono rendere pubblici i dati sulla disparità salariale tra uomini e donne e consentire ai dipendenti di accedere a informazioni dettagliate sui criteri di remunerazione.
L’obiettivo della direttiva è duplice: da un lato, sensibilizzare i datori di lavoro e i dipendenti sulla persistenza del divario retributivo; dall’altro, fornire strumenti concreti per individuare e correggere le discriminazioni salariali di genere. Le aziende che non rispetteranno le nuove norme rischiano sanzioni e potranno essere soggette a controlli più rigorosi.
Questa normativa è un passo importante verso la trasparenza e la responsabilità sociale delle imprese, ma pone anche una serie di sfide per quanto riguarda la gestione dei dati e la protezione della privacy dei lavoratori.
La trasparenza retributiva e la privacy
L’introduzione della trasparenza retributiva solleva interrogativi rilevanti sul piano della privacy. La direttiva (UE) 2023/970 impone alle aziende di fornire ai lavoratori informazioni sui livelli retributivi disaggregati per genere, ma garantisce anche che la raccolta e la divulgazione dei dati siano effettuate nel rispetto delle normative sulla protezione dei dati personali. L’obiettivo è evitare che le informazioni salariali vengano utilizzate in modo inappropriato o lesivo per i lavoratori.
Questa tensione tra trasparenza e privacy è al centro del dibattito pubblico e delle preoccupazioni delle imprese. Da un lato, la trasparenza retributiva è essenziale per smascherare le discriminazioni; dall’altro, è necessario garantire che la raccolta dei dati non violi i diritti dei dipendenti. Le aziende dovranno, quindi, sviluppare politiche di gestione dei dati che bilancino la necessità di trasparenza con l’obbligo di tutelare la riservatezza delle informazioni personali.
Che cos’è il Rapporto Biennale della parità di genere
Un altro strumento fondamentale per monitorare e combattere il gender pay gap in Italia è il Rapporto Biennale della parità di genere, istituito dal Decreto Legislativo n. 198/2006. Questo documento, obbligatorio per le aziende con più di 50 dipendenti, richiede la raccolta e la trasmissione di dati sulla composizione di genere del personale, sui criteri di promozione e sugli stipendi. Il Rapporto ha l’obiettivo di fornire un quadro chiaro e dettagliato dello stato della parità di genere all’interno delle organizzazioni, contribuendo a identificare eventuali squilibri e ad adottare misure correttive.
A partire dal 2022, la norma è stata rafforzata dall’introduzione della UNI PDR 125:2022, che definisce parametri più rigorosi per la certificazione della parità di genere nelle aziende. La certificazione, rilasciata alle aziende che dimostrano di adottare politiche efficaci per promuovere l’uguaglianza di genere, non solo rappresenta un importante strumento di trasparenza, ma offre anche vantaggi competitivi, come agevolazioni fiscali e punteggi preferenziali nelle gare pubbliche.
Il Rapporto Biennale della parità di genere, in sinergia con la UNI PDR 125:2022, rappresenta, quindi, un passo significativo verso la realizzazione di un ambiente di lavoro più equo e inclusivo, dove il merito, e non il genere, determini la progressione professionale e la retribuzione.
La lotta contro il gender pay gap richiede un approccio integrato che combini misure normative, politiche aziendali e cambiamenti culturali. Strumenti come la direttiva (UE) 2023/970 e il Rapporto Biennale della parità di genere sono fondamentali per promuovere la trasparenza e correggere le disuguaglianze retributive, ma per raggiungere una vera parità è necessario un impegno costante da parte di governi, imprese e società civile. Solo attraverso la consapevolezza e l’azione concreta si potrà ridurre, e infine eliminare, il divario salariale di genere.