I Tango Bond sono l’equivalente argentino dei Bot e Btp italiani, e chi li acquistava diventava, in automatico, creditore dello Stato, che avevav ed ha l’obbligo di restiruie ai risparmiatori il capitale investito con i dovuti interessi. Ma cosa si sa del default argentino?
Il default
La crisi in Argentina dovuta a questi titoli di Stato iniziò negli anni Ottanta, quando il Paese era guidato dal generale Leopoldo Fortunato Gualtieri, che doveva affrontare il debito pubblico accumulato a causa delle guerre delle Falkland. Alla fine del suo mandato, a capo della Repubblica salì Raul Alfonsin, che cercò di stabilizzare l’economia, realizzando una nuova moneta.
Ma ciò non bastò perché gli interessi aumentarono, e a metà del 1989 la variazione annua dei prezzi aumentò del 5000 %. Una volta salito al governo Carlos Saul Menem, cominciò una lotta contro il valore del dollaro a tassi ragionevoli, ma il debito pubblico da pagare persisteva. Negli anni Novanta, si dovettero prendere dei cambiamenti verso il tasso di cambio.
Nel 2001, gli argentini inziarono una corsa agli sportelli per ritirare i soldi, ma con i nuovi provvedimenti cominciarono a protestare e cominciarono i disordini nella capitale. Una settimana dopo l’elezione di Adolfo Rodriguez Saa, nel dicembre del 2001, il debito pubblico dell’Argentina raggiunse i 132 miliardi di dollari.
Il ruolo dei Tango Bond nel default
I Tango Bond esemessi dallo Stato, in questa crisi economica, non vennero ripagati e anche gli investitori dall’estero smisero di inviare capitali a Buenos Aires. Furono 450,000 gli italiani che investirono.
Negli anni Novanta, comunque, non mancarono le avvisaglie che le obbligazioni argentine era adatte solo ad investitori speculativi, per valutare e sostenere rischi, e che probabilmente non poteva essere ripagato. Nel 2002, mancò il primo pagamento della cedola. Visto che non si riusciva a trovare il capitale, il Governo dell’Argentina nel 2005 propose di ristrutturare il debito con la soluzione dei titoli con altri, ma questa lunga causa proseguì fino al 2014, provocando un altro default.
Nel 2005 il presidente Kirchner cercò di ripagare i debiti verso l’FMI, che ammontava a quasi dieci miliardi di dollari, e vi riuscì con un pagamento rateale che durò fino al 2008. Gli investitori italiani, nel 2006, aderirono alla Task Force Argentina per la ristrutturazione dal debito, e si cercò di arrivare ad un compromesso con il Ministero al Tesoro di Buenos Aires, ma senza risultati. Nel 2016, gli investitori ottennero il 150 % del valore nominale dei Tango Bond, acquistati una quindicina di anni prima.