Quando si parla di “spese di rappresentanza” si fa riferimento a quei costi che le imprese sostengono per aumentare la loro immagine. Ma come funzionano?
Quali spese sono di rappresentanza?
Bisogna, capire, prima di tutto, per cosa viene usato il capitale dell’azienda per le spese di rappresentanza. Esse vengono usate per sostenere:
- eventi e feste organizzate dall’azienda, per ricorrenze che riguardano l’azienda, oppure feste religione o per la beneficenza. Non è strano, che le imprese organizzino mostre e fiere per presentare i loro prodotti;
- viaggi turistici o convegni, sempre organizzati per scopi promozionali;
- erogare bene e servizi gratuiti, sempre durante manifestazioni, ferie, convegni, etc;
- spese di ospitalità, ovvero pagare l’ospitalità per fornitori, clienti oppure giornalisti, a seminari e altri eventi organizzati dall’impresa.
Le caratteristiche principali delle spese di rappresentanza è che queste ultime devono favorire il consolidamento dei rapporti personali diretti tra l’impresa e il pubblico, in modo da accrescere l’immagine dell’azienda.
Tuttavia, non vanno confuse con le spese per la pubblicità. Queste ultime, infatti, sono indirizzate per promuovere un bene o un servizio erogati dall’azienda. La sentenza 10111/2017 della Corte di Cassazione, ha ribadito quali sono le differenze tra le spese di propaganda e di rappresentanza. Questi ultime, infatti, devono possedere dei requisiti di congruità e inerenza, e non hanno come scopo quello di incrementare le vendite, e possono consistere in spese per convegni, viaggi o fiere.
Le detrazioni fiscali
A stabilire i criteri che devono avere le spese di rappresentanza, è l’articolo 108, comma 2, del TUIR, detraibili se corrispondono ad alcuni requisiti. Per queste detrazioni, si devono tenere conto della natura e della destinazione delle spese, e l’ammontare dei ricavi e proventi dell’impresa deve essere dell’1,5 % fino ai 10 milioni di euro, dello 0,6% dai 10 ai 50 milioni di euro, e di 0,4 fino ai 50 milioni di euro. Sono deducibili, per intero, anche le spese per gli omaggi aziendali distribuiti gratuitamente delle imprese, che non superano nel totale il valore di 50 euro.
L’azienda può detrarre anche i costi degli omaggi ai dipendenti, ma bisogna distinguere tra quelli che rientrano nell’attività dell’azienda, ovvero deducibili ai fini Ires, Irpef ma non Irap, e lo stesso si può dire di quelli che rientrano nelle attività d’impresa, ma la cui IVA non è detraibile.
Per essere detratte dall’IVA e dalla deducibilità di costo, queste spese devono essere sostenute e documentate, relative a bene e servizi erogati a titolo gratuito, utilizzate per fini relazionali o promozionali, e rispondere a criteri di ragionevolezza, per generare ulteriori benefici economici. Come prevede la circolare numero 34/E del 2009, rilasciata dall’Agenzia delle entrate, queste spese devono fare riferimento ai clienti dell’azienda, che siano effettivi o potenziali.
I titolari delle partite IVA a regime forfettario, non possono richiedere delle deducibilità per le spese di pubblicità sostenute o detraibili dall’IVA, mentre quelli con la partita IVA nei regimi minimi, possono richiedere una deducibilità del 50 %, ma senza la detraibilità.